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Eccovi le due forze messe di rincontro dal Manzoni.

        Ed ora si comincia a colorire il mondo cattolico.

Fra queste due forze che si oppugnano, v’è un mediatore; desso è il prete, il ministro di Dio che si pone contro gli oppressori per aiutare gl’infelici oppressi. E qui ferve innanzi alla mente del poeta l’ideale di quel prete che bisogna trovare in quel mondo.

Ma in quel tempo gli ordini religiosi erano corrotti, perché si erano materializzati.

Vera però fra quelli un ordine che non viveva poltrendo ne’ conventi, ma nelle campagne, messo in relazione con tutti, e da tutti ricevendo l’elemosina; e questi frati del popolo erano i cappuccini.

Ora da quest’ordine soltanto il poeta poteva fare il suo tipo. Ma fare del cappuccino in generale un tipo, un ideale del romanzo sarebbe stato un po’ troppo forte, perché non andava del tutto esente da’ difetti del secolo. Ond’è che il poeta sceglie nel cappuccino un individuo che si trovava in condizioni eccezionali; che era stato nel mondo, nel quale aveva commesso un delitto, e che sopraffatto da’ rimorsi si era pentito, consacrandosi tutto all’amore del suo simile ed al sacrificio. Il tipo dunque di questo monaco è un individuo speciale, è una creazione puramente individuale; ed eccovi, signori, un capolavoro del Manzoni, il Padre Cristofaro.

Questo cappuccino che conosceva Lucia, e che la sente perseguitata da Don Rodrigo, diventa il suo protettore; e questo monaco che, come i cavalieri erranti del tempo antico, divenuto cavaliere errante di Cristo, s’impunta a proteggere un’infelice fanciulla, è un bello ideale. Ma come Lucia è troppo accarezzata dal poeta, così pure il Padre Cristofaro esce un po’ troppo dal convenevole, perché è troppo colorito; quel monaco è una continua esaltazione. A temperare dunque quest’ideale che pare che vada troppo lungi dal mondo positivo, il poeta mette accanto al padre Cristofaro, al magnanimo frate, un’altra figura; ed ecco di rincontro a lui sorgere l’ombra di Don Abbondio.

Don Abbondio ha gli stessi principii del Padre Cristofaro, egli crede alla religione; ma che cosa è che lo rende comico? È appunto la sua inattitudine a sostenere l’urto del mondo come l’impetuoso Renzo, che crede poterne spezzare gli ostacoli; egli, per cui Don Rodrigo era qualche cosa di superiore, ch’era avvezzo a tremare alla vista di un bravo, a misurare fino a qual punto potesse rischiare la pelle, è disposto nel contempo a dar lezioni sulla vita a Renzo e ad Agnese.

Quell’ideale dunque del monaco, il Padre Cristofaro, viene modificato dal prete: Don Abbondio è il correttivo del cappuccino.

Ma l’azione, o signori, non rimane in Lecco, essa si svolge in centri più ampii dove l’orizzonte s’ingrandisce, e dove se vi trovate gli stessi elementi, li trovate con lineamenti piú larghi, come si conviene a grandi città. E mediante quella catena di relazioni, di che ho