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xxii. 1826-27 - «al conte carlo pepoli» 189

stretto al suo dovere. Anche oggi da quei lavori sudati cavano guadagno parecchi librai, lavori pagati all’autore alcuni pochi scudi al mese.

Il Petrarca uscì in otto volumetti, parte di una Biblioteca amena e istruttiva per le donne gentili. È una interpretazione, più che un comento, con lo scopo di rendere accessibile il poeta agli stranieri e alle donne. Come tale, è un lavoro perfettamente riuscito; vi si ammira la sobrietà e la precisione di una mente superiore. E ch’egli sapeva quel che voleva, si vede dalla prefazione, amabile e arguta, quasi il poeta parlasse innanzi alle gentili donne. Ma i lettori non la intendevano a quel modo, e vagheggiando in astratto non so che profondo, giudicavano quello un lavoretto superficiale. Ai quali risponde con garbo sprezzante l’interprete con una sua «scusa» in fine del secondo volume e una nuova prefazione nella ristampa. Il lavoro non fu inutile, e più ci allontaniamo da quei commenti pesanti e polverosi dei tempi scorsi, più si apprezza quella modestia d’intenti e di mezzi.

E non fu inutile quella sua Antologia prosaica e poetica, a cui diè principio in Recanati, e che intitolò Crestomazia. La scelta de’ luoghi e l’ordine dei tempi fa di quel lavoro come uno specchio della nostra letteratura, e una lettura non meno piacevole che istruttiva. Soprattutto è notevole la scelta dei luoghi nelle opere di Galilei, e il suo studio non solo del ben dire, ma anche del ben pensare; ciò che lo distingue da quei puristi che credevano non potersi imparare la lingua altrimenti che «spensando», come diceva Alfieri.

Fra i suoi scrittarelli, pubblicati nel Nuovo Ricoglitore, giornale dello Stella, oltre gl’Idillii, è un Volgarizzamento della Satira di Simonide sopra le donne, scritto, dicesi, nel 1823, e la Guerra dei topi e delle rane, o la sua Batracomiomachia rifatta. E ci è pure alcune coserelle in prosa, come un frammento di un suo volgarizzamento della Ciropedia, un volgarizzamento di una orazione greca di Giorgio Gemisto Pletone con un suo discorso, e un suo saporitissimo articoletto critico, dove annunzia le Nuove canzoni con una ironia, un brio pieno di sale, a scherno della stupida plebe letterata.