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174 la giovinezza

Gravina mi parve un avvenimento, per novità e finezza di osservazioni e per chiarezza di esposizione, che mi dava quasi una illusione di posatezza e coerenza scientifica. Il Marchese lo ammirava molto, e finalmente trasfuse in me la sua ammirazione. Poi mi vennero a mano le polemiche sull’unità di tempo e di luogo, e lessi con avidità i giudizi di Pietro Metastasio, il cui fare libero e spregiudicato mi piaceva; ma studiavo di occultare questa mia impressione al Marchese, al quale Metastasio era antipatico. Anche celatamente divorai le opere del Bettinelli, dell’Algarotti, del Baretti, del Cesarotti, scrittori barbari al dir del Marchese, ma ne’ quali sentivo più piacere che in que’ faticosí cinquecentisti. Al contrario non mi fu possibile leggere sino alla fine il Napione e il Perticari, cosí cari al Marchese. Tirai fino a Vincenzo Monti, le cui polemiche con la Crusca mi riuscirono gustose. Queste letture avevano prodotto un guazzabuglio nella mia mente. Molte opinioni e pregiudizi furono scossi, ma non cancellati.

Cominciò in me l’età benefica del dubbio e dell’esame. Il progresso naturale del mio spirito, e più che altro la mia abitudine alla meditazione, il non fissarmi in alcuno scrittore, e il pensare da me, mutarono in gran parte le mie impressioni e i miei giudizi. Sentivo nelle sottigliezze del Castelvetro il lambiccato e il falso, e nella gravità del Gravina il presuntuoso e il pedantesco. Nelle opere spigliate o scorrette del Metastasio, del Bettinelli, del Monti sentivo leggerezza e superficialità, con un odore talvolta di ciarlataneria. Quando cominciò la mia scuola, mi capitarono le critiche del Galilei sulla Gerusalemme liberata. Alcune mi parvero stiracchiate; ma in altre trovai garbo e buon senso più che in nessun altro nostro scrittore, e capii l’eccellenza dell’Ariosto sopra i suoi precursori e imitatori, e sopra il Tasso. Fino a quel tempo leggevo l’Ariosto come un poeta piacevole nella sua stranezza, e non ci avevo mai pensato sopra, e talora mi domandavo, maravigliato, in che fosse superiore all’Amadigi o all’Orlando innamorato, ch’io leggevo con ugual piacere, e perché molti lo ponessero innanzi al Tasso, delizia dei miei primi anni e modello di perfezione agli occhi miei. Basti dire che