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v. l’«orlando furioso» 97

non piangete: tutto vi rimane innanzi svaporato; tanto serenamente rappresenta ogni cosa, che rasserena le fronti che si rannuvolavano e fa ristagnar le lacrime negli occhi. Zerbino moribondo raccomanda ad Isabella di non dimenticarlo.

A questo la mestissima Isabella,
Declinando la faccia lacrimosa
E congiungendo la sua bocca a quella
Di Zerbin, languidetta come rosa,
Rosa non colta in sua stagion, si ch’ella
Impallidisca in su la siepe ombrosa.
Disse: Non vi pensate già, mia vita,
Far senza me quest’ultima partita.

La risposta, se guardiamo al sentimento, è dell’ultimo strazio. Ma non piangete, perché il poeta vi strappa dal sentimento e vi getta sulla forma, perché vi mette innanzi la faccia d’Isabella che vi rapisce, e non vi lascia pensare al sentimento.

Un poeta che può in quell’istante rappresentar quella faccia e andarle cercando paragoni è dominato dall’immaginazione che tempera l’acerbità della sensazione e lo strazio del sentimento. Ho dovuto indicarvi queste qualità senza ricorrere ad esempio. Nella lezione prossima esaminando l’ironia della macchina, avrò occasione di mostrarvi tutte le qualità di questa forma.

Un francese ha detto che gl’italiani suonano sempre la tromba. Infatti è un difetto generale de’ scrittori italiani una tendenza a mettersi in esaltazione fattizia, anche favellando delle cose più semplici e naturali; esaltazione non solo interna ma esterna; consistente non solo nell’abuso de’ tropi, ma anche nel periodo, nelle frasi, nelle parole. Guardiamo il Cinquecento: lascio stare i pedanti riconosciuti, il Bembo e il Varchi; ma anche in Firenzuola, in Annibal Caro troviamo questo difetto; in Sannazzaro che trattando delle più umili cose, fa parlare i pastori con la solennità di Carlomagno. Annibal Caro, negli Amori di Dafni e Cloe, romanzo pastorale, che ha lo stesso fondo di Paolo e Virginia, descrivendo una capra che allatta i suoi

F. de Sanctis, La poesia cavalleresca. 7