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v. l’«orlando furioso» | iii |
Rodomonte s’ingrandisce di tutto il suo pericolo; non aveva ancora incontrata resistenza nella realtà. L’autore gli fa una risatella in faccia; analizzando graziosissimamente la sua situazione, Rodomonte concepisce per la prima volta questo pensiero: — Bisogna ritirarsi — ; e la ritirata l’ingrandisce anche più:
Rivolge gli occhi orribili e pon mente Che d’ogni intorno sta chiusa l’uscita... |
Poi che fu giunto a proda, gli dispiacque, Ché si vide restar dopo le spalle Quella città ch’avea trascorsa tutta, E non l’avea tutt’arsa, né distrutta. |
3. — La discordia.
Nel Cervantes il ridicolo della Cavalleria è tolto non dalla sua essenza, ma dal suo contrasto co’ tempi prosaici; tutto quel romanzo è una lunga antitesi. L’Ariosto ha sviluppato nella Cavalleria un germe di dissoluzione che è al di dentro di lei, nella sua natura. La Cavalleria, come sviluppo rigoglioso di forze individuali, è sublime, è Rodomonte a Parigi; ma in questo è ancora il suo debole, il comico. Sono forze mancanti di centro, eslegi, indisciplinate, che rendono impossibile una seria azione epica.
Se gl’individui si trincerano nel loro voglio, l’epica è disciolta, la società è disgregata. Vi sono discordie qua e là in