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256 commerazioni


Quell’uomo allegro, vano de’ suoi capelli, come una fanciulla, tutto gesto e movimento, che ti dominava co’ raggi dell’occhio, cosí infiammabile e cosí placabile, era il confidente universale. Non so come, ma sapeva tutte le intimitá, tutti i segreti, partecipe de’ piaceri e degli affanni altrui, come fossero suoi, era a ciascuno il suo altro. Natura schietta e calda ispirava la fiducia, e guadagnava l’amicizia.

Scarso era in lui quel potente laboratorio che si chiama l’immaginazione, e scarsa quella vita intensa dell’anima con se stessa che si chiama la meditazione.

Le anime poetiche e speculative si appassionano non delle cose, ma delle loro ombre e idee, e godono del fantasma, e, pur che quello duri, altro non chiedono. Nella sua povera cameretta il poeta è piú felice immaginando palagi incantati, che i re nelle reggie. I suoi ideali sono l’ultimo termine della sua felicitá, e vi si appaga, pur come fossero cose, e pensando, contemplando, vi consuma intorno il cuore e il cervello. A Diomede soprabbondava il pensiero e l’affetto, ma ebbe sempre poca dimestichezza con le ombre e le astrazioni, e in una scuola di alte speculazioni, assentiva talora, non era persuaso. Fidava piú nel suo buon senso e nella sua intuizione veramente meravigliosa. Voleva vederci chiaro, diceva talvolta. Hegel soprattutto non gli entrò mai nel capo.

Il suo pensiero aveva piú spirito che profonditá, e non cercava la generalitá, anzi in quelle altissime regioni sentiva freddo, e calava subito al particolare, e se lo appropriava e lo possedeva tutto. Riceveva le impressioni profondamente, e le rendeva non come immagini e idee, ma come oggetti vivi. L’ho udito talora a dire con un certo sentimento di orgoglio che egli animava gli oggetti, fossero pure aride cifre. E voleva dire ch’egli ci si metteva al di sopra, e gl’intendeva, e dava a quelli un senso. Ciò ch’era pure una generalitá, ma immediata, derivata dagli stessi oggetti, e viva in loro, sicché era una con quelli, e, com’egli diceva, l’anima di quelli. Questa elaborazione degli oggetti che gli veniva non da preconcetti o da principii remoti, ma dalla sua naturale e immediata apprensione era la sua originalitá, o come si dice, il suo ingegno. Ond’è che tutto gli veniva fuori