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la scuola 297

il resto, sicché hai un continuo accavallarsi d’idee e d’immagini senza tregua, e all’ultimo non ti resta nello spirito niente di netto e di conchiuso. Di che nasce ancora la qualitá della forma, niente riposata, anzi tumultuosa, e talora impropria, tutta a raffronti ed antitesi, ad allusioni e rapporti, impaziente della ricerca e dell’analisi, affermativa, assoluta e perentoria, e, per paura del luogo comune, troppo distillata. Pure, che copia d’idee e d’immagini! che facilita di movente e di rapporti! quale moto continuo e rapido di discorso, si che non ti arresti mai, mai non stagni! Ti senti in presenza di un ingegno non ordinario. Che cosa manca al nostro Arcoleo? Letture ha troppe e d’ogni sorta; reminiscenze involontarie gli si affollano; notizie d’idee e di cose ha da affogarvi entro; molti mondi smozzicati, contradittori cozzano, nel suo cervello; che gli manca? Lui stesso lo ha detto: perché, all’ultimo, preoccupato dall’aria della scuola, previene la critica e se la fa lui. Gli manca un senso della vita piú esatto e concreto «attraverso le cose e non attraverso le idee», come lui dice assai bene. E non giá perché sia miope, come crede, anzi è presbite; vede da lontano e in confuso, e non vede le cose piú vicine. E gli manca pure un mondo suo elaborato tra’ dolori e le gioie della sua coscienza. Molti rimangono cosí in aria, e non conchiudono. Conchiuderá il signor Arcoleo?

Ma è tempo che conchiuda io. E la mia conchiusione è questa, di poter lasciare dopo me una scuola che mi continui, e mi parrá di non esser vivuto indarno, quando il frutto della mia vita sia una scuola, dove non sia solo rinnovata l’intelligenza, ma tutta l’anima; ciò che io chiamo educazione.