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il genere di poesia della divina commedia |
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In questa condizione la poesia non può essere che descrittiva, come sono tutte le poesie che hanno per argomento l’esistenza nella sua immobile estrinsechezza, le leggi della natura, le proprietá dell’universo o di una delle sue parti, i caratteri e le passioni dell’uomo, il poema di Lucrezio, le Georgiche di Virgilio, il Saggio sull’Uomo di Pope, e simili: ed in effetti il descrittivo si trova nella Divina Commedia in larghissime proporzioni. E poiché il poeta non rappresenta nel suo immediato il mondo sensibile, ma lo concepisce e lo immagina con esattezza geometrica secondo un preconcetto tipo divino di veritá e di giustizia, nella materia sono visibili le leggi intellettuali e morali che l’hanno informata, e perciò il razionale vi penetra dappertutto e s’inframmette al descrittivo. Il quale elemento didascalico non consiste in osservazioni staccate e libere mescolate con la descrizione, ma è, come ognuno vede, parte sostanziale della concezione: né giá vi rimane implicito, anzi l’autore rassomiglia ad un architetto che mostra il suo edilizio a parte a parte ed insieme dichiara il disegno e lo scopo e le leggi da lui seguitate: egli è non solo il poeta, ma il filosofo del suo mondo. Sotto questo aspetto la Commedia può essere ben definita un poema epico descrittivo-didascalico, il poema sacro, l’ultima parola di Dio, la creazione finale a sua perfetta immagine, in cui la materia è pienamente doma e penetrata dallo spirito, e la poesia dalla scienza: onde le forme necessarie di questo universo teologico: il descrittivo e il didascalico. Ma la concezione dantesca è ancora piú vasta. Con Dante vi entra l’accidente ed il tempo e la storia e la societá in tutta la sua vita interna ed esteriore, religiosa, morale, politica, civile: onde nel seno dell’epopea divina germoglia l’epopea umana, il poema eroico e nazionale. Non vi è azione. E che importa? Il sostanziale di una epopea non è l’azione, ma le intime forze sociali onde quella move; e squallide sono le epopee di Lucano, del Voltaire, del Trissino, perché questa unitá interiore vi è debolissima. In Dante si mostra con una vivacitá omerica ed ariostesca, e dico cosí, perché parmi che in Omero soprattutto e nell’Ariosto queste forze interne paion fuori nella massima loro limpidezza. Ma nella Di-