Pagina:De Sanctis, Francesco – Saggi critici, Vol. I, 1952 – BEIC 1803461.djvu/168

Da Wikisource.
i62 saggi critici

ginazione, che si componga nella mente una Mirra fantastica atteggiata in quella guisa che la vedeva il poeta.

L’essenza del dramma è la manifestazione dell’anima per mezzo della parola; il gesto, il colorito, la fisonomia è un sottinteso che non ha valore per sé solo ed è lasciato all’attore. Ma qui l’essenza della tragedia è il gesto, e la parte capitale è serbata all’attore. Nel che è il difetto inemendabile non dirò di Alfieri, ma della Mirra, considerata come soggetto o situazione tragica. Ne’ due primi atti il poeta descrive in diversi modi i gesti disperati di Mirra, e tutto ciò che non è azione, tutto ciò che è narrato o descritto, annoja sempre. Quando Mirra si manifesta meno oscuramente, quanto piú l’espressione del suo animo si accosta alla parola, tanto cresce piú l’interesse, che negli ultimi due atti si trasforma in una suprema commozione. Di qui l’ineguaglianza della tragedia, la gravezza e il vuoto de’ primi atti che si possono chiamar quasi una lunga esposizione, un lungo antecedente dell’azione, che si annoda veramente all’atto quarto.

Udite ora il critico francese: — Alfieri ha guasto e rifatto Euripide e Racine! La Mirra è la Fedra esagerata e perciò rimpicciolita! — Voltaire dice: — ciascun atto dee essere una provincia con la sua capitale. — Janin vede le provincie, ma non trova le capitali. Alfieri, a suo avviso, non ha saputo nemmeno imitare. Fedra per e empio comparisce dalla prima scena e Mirra non si vede che al secondo atto. Fedra manifesta la sua passione subito, Mirra non si dichiara che in ultimo. Tutto è in su questo andare. Janin non ha compreso la Mirra e mi fa dubitare che abbia compreso la Fedra. Ma mi sono annojato di tener piú dietro a tanta volgaritá e chiedo perdono ai lettori di aver risposto lungamente e seriamente. Pure in Francia si conoscono cosí poco le cose nostre, e se ne dánno giudizi cosí torti, che non avrò fatto opera al tutto vana.

[Nel «Piemonte», a. I, n. i9i, i4 agosto i855, e nello «Spettatore», n. 48.]