Pagina:De Sanctis, Francesco – Saggi critici, Vol. I, 1952 – BEIC 1803461.djvu/18

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che avea presso i Greci, e diviene un fantasma dell’anima, creato da’ terrori e da’ rimorsi della coscienza. È l’uomo che da persona a’ suoi desiderii e ai suoi timori; di che è consapevole lo stesso poeta, il quale non ha alcuna fede nella realtá de’ suoi fantasmi, e lascia pur talora intravedere la subbiettivitá della loro natura. Nel dramma inglese è l’uomo che grandeggia in tutto l’ardore delle sue passioni e in tutta la possanza della sua volontá: donde quelle sue proporzioni larghissime, come è richiesto all’azione umana: improvvisa, spontanea e irrazionale innanzi al volgo maravigliato, ma innanzi all’acuto sguardo del savio preparata lentamente da remote cagioni. Nella tragedia francese ed italiana il concetto è lo stesso, anzi vi è esagerato. Il Fato scomparisce del tutto, e il senso della vita diviene puramente umano: il qual concetto vi è cosí assoluto, ch’è quasi l’antitesi del concetto greco, quantunque le due scuole si rassomiglino per la forma: il che parrá chiaro a chi voglia porre a riscontro la Fedra greca con la francese, e l’Oreste di Sofocle con quello di Voltaire e di Alfieri. Il protagonista del dramma moderno è dunque l’uomo; né altro è il concetto che domina, sotto la diversitá delle forme, ne’ drammi di Schiller.

Il Faust è un lavoro potentissimo, creazione dantesca, dove un ardito pennello dipinge sicuramente gli affannosi dubbii e i pensieri di una intera generazione intorno al tremendo mistero della vita. Né Schiller senti meno l’amarezza del dubbio. Confidente dapprima nella sua ragione, ei l’interroga con ardore e con passione: e per dodici anni si travaglia invano intorno al crudele enigma: «Che mi hai tu dato, ei dice alla sua ragione, se io non ho tutto? nella veritá vi è forse il piú o il meno? uon è ella unica ed indivisibile? togli un suono alla cetra, togli al raggio luminoso un colore, e ciò che resta non è piú niente: l’armonia è spenta, la luce è distrutta». Ed ei si riposa nel tempio della fede, e rassegnato adora ciò ch’ei non comprende. «Anime nobili, egli esclama, allontanatevi dalla ragione, e raffermatevi nella Fede celeste: ciò che l’orecchio non ode, ciò che l’occhio non vede, ecco ciò ch’è bello, ciò ch’è vero». Quindi, lasciando le regioni soprannaturali, dove levò sí alto volo l’in-