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popoli. Si volea una patria e non si sapea ancora quale; si presentiva un avvenire che non si sapeva determinare; libertá, patriottismo, dignitá esprimevano piuttosto confuse aspirazioni che idee distinte. Alfieri fu forse l’espressione piú pura e piú fedele di questi sentimenti. La patria di Dante è cosí determinata, che ciascun tempo dee spogliarla di qualche cosa per potersela appropriare: egli è che Dante aveva una patria, e si trovava in mezzo ad interessi politici giá circoscritti. La patria di Alfieri è la patria poetica che vagheggiavano i nostri maggiori: meno la patria greca e romana, che la patria del genere umano. Era l’idea rigeneratrice de’ nostri tempi non ancora entrata nell’azione, non ancora incarnatasi nelle istituzioni, non modificata ancora dagli interessi, l’idea vergine e dea, per la quale morivano Condorcet e Mario Pagano. Vedete, dunque, quanto di vero, quanto di contemporaneo è in questo classicismo di Alfieri.

Quanto piú ci avanziamo, piú questa patria si circoscrive. Alla Virginia succede l’Arnaldo da Brescia: il fondo è lo stesso, i contorni sono diversi. Il contenuto moderno gitta via da sé ogni forma antica: acquistiamo coscienza della vita moderna; studiamo quello che fummo nel medio evo; gittiamo lo sguardo intorno a noi e rappresentiamo la nostra vita sociale: concepiamo quello che dobbiamo essere. In questa nuova situazione il classicismo non ha piú ragione di essere; esso muore romorosamente ne’ sonanti versi del Monti. Il Gervinus ha avuto il torto di confondere il classicismo di Alfieri con quello del Monti e del Metastasio. Che se la nuova situazione per farsi valere ha cominciato col porsi, come opposizione, di riscontro all’antica, se noi concepiamo le polemiche degli Schlegel contro i classici, e gli scritti di Cesare Cantú e di Niccolò Tommaseo contro Alfieri, questo tempo è passato; il Gervinus è giunto troppo tardi. Oggi possiamo render giustizia a tutti; possiamo dire: — Seguiamo Manzoni, e viva Alfieri! —

Quanto all’indirizzo politico dato alle lettere, sarò piú breve. Credono alcuni che la rivoluzione europea sia uscita tutta armata dal cervello de’ letterati. Il contrario è la veritá. Sono i bisogni e gl’interessi politici, che hanno prodotto il movimento