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«giornale di un viaggio nella svizzera» 25i

pudiando, al di fuori. Lascio stare che, qui, l’«umore» non ha niente di sostanziale, che è una mera esterioritá, una pura forma, talora, indifferente o ripugnante al fondo. Ma l’«umore» scisso anche dal suo significato, preso come pura forma, richiede grandi facoltá nello scrittore, perché non degeneri in una frivola fraseologia. Richiede, soprattutto, una certa eccentricitá, o singolaritá, che vogliamo dirla. L’umorista si fa un mondo tutto suo; si tiene discosto dal sentiero comune; si pone al di sopra di tutto ciò, che è fattizio e convenzionale; fanciulleggia e matteggia; dice cose, in apparenza, strane, e si dá, egli stesso, del matto e dello sciocco; e, nondimeno, è questa una profonda pazzia, piena di buon senso, che stracciando, senza pietá, ogni maschera, innanzi a cui s’inchina il volgo, tira diritto al fondo delle cose: nessuno ti fa tanto pensare quanto, spesso, un giullare di Shakespeare. Questo mondo, rinnovato o ringiovanito, manca all’autore, che lavora sopra una materia comune.

L’eroe di questo viaggio è lo stesso autore. Egli fa lo spensierato, lo stordito; sorvola, leggiermente, sopra tutti gli argomenti; folleggia. Questa è la superfície: che cosa ci è sotto? Una personalitá gretta e arida, vuota di entusiasmo, di sentimenti, di passioni, chiusa in piccolo giro d’idee, che non soffre, non medita, non ama, non può destare un vivo e durabile interesse.

In questa maniera di lavoro, mezzo principalissimo di riuscita è la potenza fantastica, la facoltá inventiva. L’autore satireggia per via di osservazioni, talora, spiritose; ma che, a lungo andare, stancano. Volete poi porre in rilievo un carattere, un costume, un difetto, richiamar, quivi, l’attenzione? Un fatterello, un accidente, un aneddoto, un paragone, un esempio, una citazione, vale piú che tutte le osservazioni, massime, quando non si ha una dose bastante di fiele, di malizia, di brio, per incalorirle. Si possono far mille considerazioni sulla esagerazione francese: ma il fatto del barbiere, nel Viaggio sentimentale di Sterne, vale piú che tutte esse: queste rimangono qualche cosa di vago, nella mente, che tosto va via; quel fatto