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«memorie» di giuseppe montanelli 289

pompa del periodo cinquecentista, qualche po’ di contorsione alla Guicciardini. Di periodi cosí fatti hai parecchi, massime nel secondo volume; e l’autore vi cade tutte le volte che si vuol mettere in ispese. A dimostrare la falsitá di questa maniera, non ho bisogno di altro, che di citare altri luoghi dello stesso Montanelli, dove tutto spira gentilezza e grazia. Egli appartiene a quella scuola che, dietro le peste del Manzoni, ha gittato via dalla prosa italiana tutta quella vacua sonoritá, tutti quei riempimenti e giri e perifrasi e leziosaggini, che chiamano eleganza, e le ha dato un fare franco e spedito.

Ad alcuni è parso biasimevole che il Montanelli faccia troppo apparire la sua personalitá: a me par questo il pregio sostanziale del libro. Nelle memorie, specialmente, il principale attrattivo è che l’autore vi si riveli tutto, con le sue buone qualitá, co’ suoi difetti; e perciò è pur cara cosa quella Vita del Cellini e la Vita di Alfieri, e le Confessioni di Rousseau e le Memorie di Napoleone. Il Montanelli si fa centro presso che lui solo di tutto; quel «casa mia» gli viene spesso sotto la penna; dove non è con la persona, è con lo spirito; e dovunque spira qualche cosa di sé, scrittore subbiettivo quanto altri fu mai: il che dá qualche cosa di proprio ed incomunicabile alla sua maniera di dettare.

E qual la persona, tal l’opera. Egli ha piú impeto che forza; piú vivacitá che profonditá; piú gusto che originalitá. Onde nascono i pregi e i difetti del suo libro. Leggi correndo; mai ti arresti a meditare; niente ti colpisce fortemente; la lagrima non ha tempo di formarsi nel tuo occhio; il pensiero non ha tempo di germogliare nella tua mente: passi di cosa in cosa, di affetto in affetto, ubbidiente alla mobile fantasia dell’autore. Vi è qualche cosa in quel libro, che ti dice: — Avanti!— . E lo lasci mal volentieri, e ci torni con nuovo diletto. Non ti par giá di avere un libro innanzi: hai un uomo vivo che ti parla, cosí scolpita vi è dentro la sua personalitá. Immagina un uomo di facile e grato conversare: ti piace a sentirlo; non misuri le ore; lasci parlare solo lui; rimani attaccato a quella bocca; ma, quando gli hai volte le spalle, non ricordi piú niente. Di tal natura è il

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De Sanctis, Saggi critici.-i