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298 | saggi critici |
Vediamo qui il germe di una poesia rimaso infecondo; e chi vuol conoscere che cosa vi manchi, legga le Ricordanze del Leopardi. L’autrice ci presenta innanzi il mare, la valle, il bosco, il prato, il ruscello, la chiesa, la collina; ma invano domandi un sentimento o una immagine legata a questi luoghi: in che è posto l’attrattivo di questo genere di poesie. Dico un sentimento o una immagine, che esca dal comune, che parta dall’intimo dell’anima commossa. Leopardi ha gittato in mezzo alle sue rimembranze una magnifica creazione, Nerina. Ma quali sono le sue ricordanze?
Oú j’allais tout enfant puiser l’eau fraiche et pure Dans le creux de ma main... Oú. j’égarais mes pas... Qu’enfant, je saluai de mon premier sourire En bégayant leurs noms... Oú de mon pére encore l’image révérée Apparait á mes yeux. |
E evidente che queste memorie, troppo generali, non escono dall’intimo della personalitá umana, né producono sull’autrice una gagliarda impressione: e ve ne accorgete alla frase scolorita. Nondimeno, vi è in questa poesia un senso di mestizia vera, che è dappertutto e non è in alcuna parte. È mancata alla poetessa nizzarda la forza di dargli una faccia, e rimane perciò un vago suono senza significato e senza eco, che si perde nell’aria. Eccone un esempio:
Oú de mon pére encore l’image révérée Apparait á mes yeux. |
L’altra poesia, Plainte, è lo specchio dell’anima, una effusione malinconica dell’anima stanca di lamentarsi. Ciò che vi