Pagina:De Sanctis, Francesco – Saggi critici, Vol. I, 1952 – BEIC 1803461.djvu/7

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«EPISTOLARIO»

di Giacomo Leopardi.


Chi ha letto le poesie e le prose di Giacomo Leopardi, aprirá con desiderio questo libro, vago di conoscer l’uomo, conosciuto le scrittore. E troverá quello che lo scrittore dettò aver l’uomo pensato, sentito e fatto: qualitá rara, nella quale è posta la veritá e la dignitá dell’arte. Or questa severa conformitá del pensiero e della vita rende difficile, a chi voglia esaminare queste lettere, il separarle dalle altre opere dell’autore. Se non che, leggendo le lettere, ti stringe l’animo tanto privato dolore; leggendo le opere, tu pensi a’ dolorosi destini del genere umano, l’anima di un uomo fattasi anima dell’universo. Noi possiamo dunque, lasciando star lo scrittore, affisarci unicamente nell’uomo di tanto straordinaria infelicitá, e mostrare in queste lettere il piú eloquente comento delle sue scritture, e la materia quasi ancor grezza ch’egli nelle poesie lavorò e condusse a tanta perfezione.

Una raccolta di lettere è come una raccolta di sonetti; difficilmente duriamo a quella lettura continuata, e noi stanca quel passar di cosa in cosa, senza legame di fatti e senza sospensione o interesse di sorta. Ma queste lettere con diletto avido perseguiamo infino alla fine, come quelle che, ordinate per ordine di tempo a consiglio di Pietro Giordani, sono pietoso racconto dei casi della sua vita, e quasi ritratto dell’animo dello scrittore, il quale ansiosamente accompagniamo nella sua dolorosa peregrinazione da Recanati suo paese natio, per varie contrade d’Italia.

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De Sanctis, Saggi critici.-i