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«fedra» di racine 9

Racine non è e non deve essere cosí malata; ella è languente, ma non consunta e logora; nel suo languore vedi piú la malattia dell’anima che del corpo; ciò che non ha compreso Schlegel, e nemmeno la Ristori. In Euripide non vi è che l’espressione d’un dolore fisico:

                                    Grave quest’ornamento
Mi è sul capo: via, via. Il crin raccolto
Disnodatemi, e vada
Giú per le spalle sciolto.
                              

In Racine il dolore fisico è congiunto con altri sentimenti; la sofferenza rende Fedra capricciosa, stizzosa, di cattivo umore; è una natura piú ricca:

                          Tout m’afflige et me nuit, et conspire á me nuire.                     
La qual differenza nasce da questo, che le due Fedre, sotto lo stesso nome, sono due creature diverse, che vanno esaminate in sé stesse, e non in paragone l’una con l’altra. Racine dice:
                          Dieux! que ne suis-je assise á l’ombre des forêts!
Quand pourrai-je, au travers d une noble poussière,
Suivre de l’œil un char fuyant dans la carrière?
                    
Qui il francese ha abbreviato il testo greco; di che gli fa biasimo Schlegel, e non vede che il lungo delirio della Fedra greca sarebbe una caricatura nella Fedra francese, che non è mai senza subiti ritorni in sé stessa. La passione nel lavoro greco è giá giunta all’ultimo segno, e non vi sono piú gradazioni: nella stessa scena Fedra comparisce e muore. Nel lavoro francese, la tragedia è tutta nella passione di Fedra, che vediamo svolgersi per successive gradazioni fino al delirio e alla morte.

Questi paragoni, dunque, non menano a niente, o, piuttosto, menano al falso. Schlegel si è fatto tirare da’ suoi av-