Pagina:De Sanctis, Francesco – Saggi critici, Vol. II, 1952 – BEIC 1804122.djvu/190

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Vale a dire che il critico, in luogo d’immedesimarsi col poema, prenderlo com’ è, e spiegarlo e goderlo e gustarlo, immagina lui un nuovo poema con un altro scopo, ed ha la temeritá di dire: — Ecco quello che avrebbe dovuto fare l’Ariosto — . Cosi, insensibile alle grandi bellezze della poesia del Folengo, tanto stimato dai critici stranieri, esce a dire : — Oh se il Folengo avesse trattato argomenti serii! — , come se il poeta fosse una specie di macchinetta e potesse a sua volontá essere serio e comico; come se Molière potesse essere Corneille, e Tasso, Folengo. Cosi, non contento del Giusti, suggerisce quali a parer suo doveano essere i motivi e le fonti delle sue satire. Il che significa non comprendere né il Giusti, né il Folengo, né l’Ariosto.

Dire : — Oh se l’Ariosto avesse espresso il lato serio della vita! — , significa in altre parole: — Oh se l’Ariosto non fosse stato l’Ariosto! e se quei tempi non fossero stati quei tempi! — .

L’ingegno non è una vuota potenzialitá applicabile a tutto, ma qualche cosa di concreto che s’ individua cosí o cosí, e non altrimenti. Ed è tanto assurdo supporre che l’Ariosto potesse esprimere il lato serio della vita, quanto è assurdo il sostenere che l’Ariosto non era l’Ariosto, ma Milton o Dante.

Basta poi una conoscenza superficiale de’ suoi tempi per comprendere l’assurditá e quindi l’impossibilitá di un’epopea, come la vuole il Cantú. Una lirica a quel modo si può comprendere, potendo la lirica essere anche l’eco di un’anima solitaria, o l’espressione di una minoranza. Ma l’epopea trae la sua vita dall’intimo della nazione, come si trova; e se un poema, come lo vuole il Cantú, fosse stato possibile, l’Italia avrebbe avuto ancora in sé tanto di vita da rilevarsi dalla sua abiezione e ristaurarsi per virtú propria. Ove il Cantú avesse mirato cosí addentro, avrebbe veduto che il poema ariostesco, cosí com’ è, è altamente nazionale e umano, rappresentando con la sapienza inconsapevole del genio ciò che allora v’era di piú intimo e di piú nascosto nella coscienza dell’Italia e dell’umanitá. Ma, rimasto alla superficie, ha finito col dire: — O lo scopo del poema è abbietto, o è senza scopo; e quale avrebbe dovuto essere lo scopo, ora ve lo dico io — .