Pagina:De Sanctis, Francesco – Saggi critici, Vol. II, 1952 – BEIC 1804122.djvu/254

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ed un traduttore latino di Dante, un tal D’Aquino, lo corregge appunto come vorrebbe l’interprete. Che cosa è quell’interprete? che cosa è questo traduttore? Sono orecchi sordi, accessibili solo al rombo del cannone. La sola parola «affannate» basta a Francesca da Rimini: è un grido «affettuoso», una voce viva di pietá che giunge al suo orecchio nel regno «dove la pietá è morta», e nella prima impressione il suo primo pensiero è di pregare Dio, come solea fare in terra, per l’uomo che ha «pietá del suo mal perverso». E le esce di bocca la preghiera, ma condizionata con un «se», congiungendovisi immediatamente la coscienza dell’inferno, e come Dio non è piú il suo amico, ed ella non ha il dritto di volgere piú a Lui la preghiera.

                                    Se fosse amico il Re dell’universo
Noi pregheremmo lui per la tua pace,
Poi che hai pietà del nostro mal perverso.
                         

Questa preghiera condizionata, che dal fondo dell’inferno manda a Dio un’anima condannata, è uno de’ sentimenti piú fini e delicati e gentili, colto dal vero. Non c’è la preghiera, ma c’è l’intenzione; ci è terra e inferno mescolati nell’anima di Francesca; una intenzione pia con linguaggio ed abitudine di persona ancor viva, ma che non giunge ad essere preghiera perché accompagnata con la coscienza dello stato presente. Un poeta moderno avrebbe analizzato quello che qui è un solo momento complesso e immediato. Avrebbe rappresentata Francesca in un momento d’oblio, viva innanzi a persona viva, e le avrebbe interrotta in bocca la preghiera con un «ahimè, che dissi!», ecc., con un rapido ritorno su di sé stessa, che sarebbe un colpo di scena assai patetico e di sicuro effetto. E ciò facendo sarebbe stato critico e non poeta, avrebbe analizzato due movimenti interni e contrarii che qui si presentano contemporanei, l’uno nell’altro, e la calma e sintetica esposizione di Dante avrebbe ridotta in un artificio rettorico. Il medesimo fanno questi benedetti comentatori, che analizzando e sottilizzando guastano e corrompono il gusto. Francesca dice: