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276 saggi critici

Quanti vezzi di concetti e di parole sono in Giulietta e Romeo dello Shakespeare! Mentre il Galileo e il Tassoni scrivevano con tanta gravitá e forza di cose gravissime, il napoletano e voluttuoso Marini scriveva in uno stile tutto frasche e fiori e antitesi e giochetti di parole. A me pare adunque che lo stile vezzoso e imbellettato sia la forma naturale della voluttá; come un certo vestire ed abbigliarsi è naturale alle cortigiane. E però credo che la rettorica e le trasposizioni usate dal Boccaccio, quella tanta cura ch’ei mette nella collocazione delle parole, quelle congiunzioni vezzose, quelle leggiadrie e finitezze nelle minime parti dello stile e de’ periodi e delle sentenze, sieno convenienti al suo concetto, sieno la bellezza della voluttá ch’egli sente e fa sentire a chi legge. Ma perché ha imitato i latini? perché non i provenzali? Perché la voluttá è dea pe’ pagani, non pe’ cristiani; perché ne’ latini la trovò dipinta vaghissima; perché fra’ provenzali erano esempi di oscenità rozza, non di quella voluttà fina che si trova solamente tra genti civilissime e corrottissime... Il Boccaccio tanto mirabilmente ha saputo vestirsi di quella veste latina, che spesso l’armonia de’ suoi periodi, come puro ritmo e suono che solletichi l’orecchio, a me pare piú vaga che quella di qualunque scrittore latino, e la trovo eguale soltanto a quella de’ greci. Dunque, direte voi, la bellezza del Decamerone è la bellezza di una cortigiana? sí, ma è la bellezza d’Aspasia che ragionava della sapienza, e Pericle e Socrate l’ascoltavano maravigliando.


Il Settembrini ha avuta innanzi questa idea luminosa: «il Boccaccio è il pittore della voluttá». Ed ha tirato giú di un fiato una magnifica rappresentazione, dove fino i piú aridi concetti grammaticali acquistano senso e spirano voluttá; tanto è vivace l’impressione che ne riceve, e cosí è sicuro il suo gusto. E non si domanda se quella è una idea esatta, se è sufficiente a spiegare il fenomeno, se altri elementi vi concorrono, né se ci sia una forma piú alta che quella grammaticale, e non ha virtú di ricreare questo mondo meraviglioso del Boccaccio nella varietà de’ suoi elementi, nello sviluppo de’ caratteri e degli affetti, nelle gradazioni e ne’ chiaroscuri, nel lusso e nella pompa de’ colori. A tutto questo Settembrini non ha pensato. Gli è balenata una idea, e gli è sembrata la chiave che apre tutte le porte. E quella idea si è fatta innanzi alla sua imma-