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giovanni meli i79
                                              L’una li rustici
Ninfi e capanni,
E l’autra celebra
Li eroi, li granni.
     Chist’è ch’Apollini
Scegghi e destina
A lu gran meritu
Di Carulina;
     Fra macchi ruvidi
D’un voscu cecu
L’autra rannicchiasi
Pri faricci ecu.
               

Poesia perfetta di tono e di gusto, come ce n’è pochissime, dove dietro la piú amabile galanteria sorprendi un cotal risolino del poeta, conscio della sua superioritá.

Questo lato satirico è la negazione del Meli, cioè a dire del suo mondo poetico, il mondo della natura e della pace, del quale ora mi resta intrattenervi. (Bisbiglio nella sala)

Mi spiace intrattenervi troppo, ma mi ci trovo ora, e debbo andare innanzi. (Molte voci: — Si, si, ci fa piacere — .)

Concetto di questo mondo è la saggezza. E che cosa è il savio? Non vi attendete giá a definizioni e a ragionamenti. Il poeta è come la natura, il sole risplende e non spiega il suo splendore. (Benissimo)

Il poeta non ti dá spiegazioni, ti dá rappresentazioni, ti dá sentimenti e immagini, coglie la natura in atto, e ci mescola sé stesso, le sue impressioni e le sue passioni. E non ti coglie giá l’oggetto tutto intero, fa come il pittore che sceglie di una storia il punto eminente Ciascuno oggetto è a faccette, e ciascun punto di vista te ne scopre una. E quante faccette nel Savio di Meli! Qui è Anacreonte che col bicchiere in mano sfida il fato. Lá è la Natura che narra le sue bellezze e invita la gente a seguirla. Ora è il poeta che si alza su’ bisogni della vita materiale. Ora è un inno alla Pace, con le spalle volte alla Fortuna.

E lo stesso concetto, variopinto, a diverse faccette, inesausto,