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cono a ona nuova veritá. Ma il realismo, ammirando pure la genialitá, non s’acquieta alle concezioni oscure e contraddittorie, nelle quali è inviluppato il nuovo concetto, e desidera vederlo ben chiaro, deteiminato, libero da contraddizioni, concorde co’ risultati dell’esperienza, applicando a questi metodi e a queste prove geniali la stessa prova filosofica che adopera in tutte le scienze particolari. Ciò che corrisponde a questa prova, ritiene; tutto l’altro sará un bel gioco, ma non veritá e neppure avviamento a quella.

Ipotesi slmili sono comuni a tutti quasi i grandi filosofi. Platone ha le sue Idee; Aristotile la sua dottrina della divinitá nella metafisica; gli stoici l’indifferenza della virtú e del piacere; gli scettici l’impossibilitá di raggiungere il vero; gli scolastici l’armonia tra’ misteri della religione cristiana e la filosofia; Cartesio il dubbio universale; Spinoza l’unitá del pensiero e della estensione; Leibniz l’armonia prestabilita tra il sapere e l’essere; Kant la fenomenalitá dell’esistente; Fichte il subbietto-oggetto; Schelling la intuizione intellettuale; Hegel lo sviluppo dialettico. É naturale che nessun filosofo oggi, secondo questi esempii, può star contento alla solida base che loro offrono le scienze sperimentali, e fabbricano nuove ipotesi, e lá trovano il vero essere e mettono in loro servigio tutte le ricchezze dell’immaginazione e dei sentimento. Il vero filosofo realista ricusa questi aiuti, anche a costo di parere prosaico e noioso.

Il realismo non è una Minerva uscita ora improvviso dal cervello di un Giove; il suo principio è stato adoperato sempre, quantunque solo alla fine del Medio evo con severitá scientifica e consapevole. Bacone, Locke, fiume, gli enciclopedisti francesi, anche i moderni materialisti hanno lavorato alla sua formazione. L’esempio de’ naturalisti che sono giunti a cosí grandi risultati con l’osservazione e l’induzione, ha fortificato questo indirizzo. Le ultime ricerche sulle forme di relazione e di conoscenza, per ricondurre l’«a priori» alla sua vera natura, e a cagione de’ suoi legami con l’«a posteriori» non lasciarsi trarre in errore e mescolare l’uno con l’altro, provano ch’esso può seguire il penserò fino nelle piú alte regioni e nelle sue piú