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vii - la «commedia» 153


alla conoscenza e amore (contemplazione beatifica) di Dio, del sommo bene, e in questa mistica congiunzione dell’umano e del divino si riposa (è beato).

La redenzione della societá ha luogo nello stesso modo che degl’individui. La societá serva della materia è anarchia, discordia, sviata dall’ignoranza e dall’errore. E come l’uomo non può ire a pace se non vinca la carne ed ubbidisca alla ragione, cosí la societá non può ridursi a concordia se non presti ubbidienza ad un supremo moderatore (l’imperatore), che faccia regnare la legge (la ragione), guida e freno dell’appetito1.

Con questo fondo generale si lega tutto lo scibile di quel tempo: metafisica, morale, politica, storia, fisica, astronomia, ecc.

Il centro intorno a cui gira questa vasta enciclopedia è il problema dell’umana destinazione, che si trova in fondo a tutte le religioni e a tutte le filosofie, il mistero dell’anima; pensiero della letteratura volgare sotto tutte le sue forme. Il problema è posto ed è sciolto cristianamente. L’umanitá ha perduto ed ha racquistato il paradiso: questa storia epica di Milton è l’antecedente del problema. L’umanitá ha racquistato il paradiso, cioè ciascun uomo ha acquistato la forza di salvarsi. Ma in che modo? qual è la via di salvazione? La Commedia è la risposta a questa domanda, la soluzione del problema.

Il cristianesimo ne’ primi tempi di fervore rispondea: — L’uomo si salva imitando Cristo che ha salvato l’umanitá, si salva con l’amore. Bisogna volger le spalle alla vita terrena e seguire Dio, lui amare, lui contemplare. — Di qui la preminenza della vita contemplativa, che Dante chiama «eccellentissima» e «simile alla



  1. «Omne, quod est bonum, per hoc est bonum, quod in uno consistit... Necesse est, ad optime se habere humanum genus, monarcham esse in mundo» (De monarchia, i, c. i7).

                                   Di picciol bene in pria sente sapore:
    quivi s’inganna e dietro ad esso corre,
    se guida o fren non torce lo suo amore.
         Però convenne leggi per fren porre,
    convenne rege aver, che discernesse
    della vera cittade almen la torre
         Le leggi son; ma chi pon mano ad esse? (Purg., xvi, 9i-7).