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ix - il «decamerone» 285


che invano l’autore cerca incalorire con le figure rettoriche, in cui è maestro. Spesseggiano le interrogazioni, le esclamazioni, le personificazioni, le apostrofi; il sentimento si sviluppa dalle cose e si pone per se stesso in una forma ampollosa e pretensiosa. Il prode Lelio è ucciso sul campo di battaglia, e il poeta vi recita sii questa magnifica tirata rettorica:


Oh misera Fortuna, quanto sono i tuoi movimenti vari e fallaci nelle mondane cose!... Ove sono i molti tesori che tu con ampia mano gli avevi dati? ove i molti amici? ove la gran famiglia? Tu gli hai con subito giramento tolte queste cose, e il suo corpo senza sepoltura morto giace negli strani campi. Almeno gli avessi tu concedute le romane lagrime, e le tremanti dita del vecchio padre gli avessero chiusi i morienti occhi, l’ultimo onore della sepoltura gli avesse potuto fare!


Giulia sviene, «gli spiriti... vagabondi pare che vadano per Io vicino aere»; e il poeta fa una lunga apostrofe a Lelio, che, al suo pericolo correndo, lei semiviva abbandona, e dice di Amore:


Deh! quanto Amore si portò villanamente tra voi, avendovi tenuti insieme colla sua virtú tanto tempo caramente congiunti; e ora, nell’ultimo partimento, non consenti che voi v’avessi insieme baciati o almeno salutati.


I personaggi fanno spesso lunghe orazioni con tutti gli artifici della rettorica, coni’ è la parlata di Fiuto a’ ministri infernali, imitata dal Tasso. Spesso la sensualitá si scopre tra le lacrime. Giulia si straccia i capelli e si squarcia le vesti: il giovane deplora quello «isconcio tirare» che traeva «i biondi capelli» «dell’usato modo e ordine», e aggiunge: «I vestimenti squarciati mostravano le colorite membra, che in prima soleano nascondere». Non mancano qua e colá tratti affettuosi, e anche modi e forme di dire semplici ed efficaci; ma rimane il piú spesso fuori dell’uomo e della natura, inviluppato in perifrasi, circonlocuzioni, aggettivi, orazioni, descrizioni e citazioni: ci si sente una viva tendenza al reale, guastata dalla rettorica e dall’erudizione. Accampandosi nel mondo antico e portandovi pretensioni erudite e rettoriche, la letteratura, se da una parte si emancipava da quel mondo teologico-scolastico che sorgeva