Pagina:De Sanctis, Francesco – Storia della letteratura italiana, Vol. I, 1962 – BEIC 1807078.djvu/6

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luoghi, e che trovo anche oggi a Firenze nella Canzone tra il frustino e la crestaia.

Ciascuna domanda e risposta è in una strofa di otto versi, sei settenari, di cui tre sdruccioli e tre rimati, chiusi da due endecasillabi rimati. La lingua è ancor rozza e incerta nelle forme grammaticali e nelle desinenze, mescolata di voci siciliane, napolitane, provenzali, francesi, latine. Diamo ad esempio due strofe :

Amante

Molte sono le femine c’ hanno dura la testa 1 , e l’uomo con parabole 2 le dimina 3 e ammonesta 4 5 : tanto intorno percacciale * sinché 1’ ha in sua podestá 6 . Femina d’uomo non si può tenere: guárdati, bella, pur di ripentere 7 .

Madonna

Che eo 8 me ne pentesse? 9 davanti 10 * foss’ io auccisa n , ca nulla buona femina per me fosse riprisa 12 .

1 Sono ostinate.

2 «Parabole» o «paraole», parole. Nel basso latino si dice «parabola».

3 «Dunina» come «dimino», per domina o domino.

4 Persuade, ammonisce. In provenzale e spagnuolo si dice «admonestar».

5 «Percacciare», dar la caccia : in provenzale «per cassar».

6 «Potestas», podestá; come «maiestas», maestá.

7 «Pentere», «ripentere», dal latino «poenitere».

8 «Eo» da «ego», come «meo» da «meus», ablativo «meo».

9 «Fentessi», pentissi: desinenza conforme alla latina «poenituisset».

19 Piuttosto o innanzi: in provenzale a davanti,.

í 1 In napoletano «acciso», nel basso latino «aucir», nel provenzale «aucir» e «aucis», nell’antico francese «occire».

12 Nel basso latino «prísus» e «nprisus», in siciliano «prisu» e «riprisu». «Ca» vuol dire ché, o perché, ed è napoletano.