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o della mente nella sua «riflessione», la fine delle aristocrazie, e perciò de’ feudi e della servitú, la libertá e l’uguaglianza di tutte le classi, come stato delle societá «ingentilite e umane», come ultimo risultato della coltura. È la teocrazia e l’aristocrazia conquise dalla democrazia per il naturale spiegarsi della mente, è l’affermazione e la glorificazione dello spirito nuovo. Ma qui appunto Vico se ne spicca e rimane solo in mezzo al suo secolo. Posto tra il mondo della sua biblioteca, biblico-teologico-platonico, e il mondo naturale di Cartesio e di Grozio, due assoluti, e impenetrabili come due solidi, e che si scomunicavano l’un l’altro, cerca la conciliazione in un mondo superiore, l’idea mobilizzata o storica, e in una scienza superiore, la critica, l’idea analizzata e giustificata ne’ momenti della sua esistenza, la scienza uscita dall’assolutezza e rigiditá del suo dommatismo e mobilizzata come il suo contenuto. La critica è rifare con la riflessione quello che la mente ha fatto nella sua spontaneitá. È la mente «spiegata e schiarita», che si riflette sulla sua opera e vi trova se stessa nella sua identitá e nella sua continuitá: è la coscienza dell’umanitá. In questo mondo superiore tutto si muove e tutto si riconcilia e si giustifica : i principi, che i nuovi filosofi predicavano assoluti e perciò applicabili in ogni tempo e in ogni luogo e co’ quali dannavano tutto il passato, si riferiscono a stati sociali di certe epoche e di certi luoghi; ed i principi contrari, appunto perché in certi tempi hanno governato il mondo e sono stati «comportevoli», sono veri anch’essi, come anticipazioni e vestigi de’ principi nuovi. Perciò il criterio della veritá non è l’idea in sé, ma l’idea come si fa o si manifesta nella storia della mente, il senso comune del genere umano, ciò ch’egli chiama la «filosofia dell’autoritá». Qui Vico avea contro di sé Platone e Grozio, il passato e il presente. La malattia del secolo era ; appunto la condanna del passato in nome di principi astratti, come il passato condannava esso in nome di altri principi astratti. Vico era come chi, vivuto solitario nel suo gabinetto, scenda in piazza d’improvviso, e vegga gli uomini concitati, co’ pugni tesi, pronti a venire alle mani. A lui quegli uomini debbono sembrare de’