Pagina:De gli horologi solari-1638.pdf/14

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4 PROEMIO.

to, non però è à tutti comune il modo, né [Plin. li.2. c.77. Censori. cap. o. Aul. Gel. L.3 c.??. Alex. al ??.l.4. c.??]tutti se ne servono con l’istesso ordine, o le numerano da un medesimo principio: Costumarono quelli di Babilonia contarle da un nascere del Sole all’altro: gli Umbri da mezzo giorno à mezzo giorno, e gl’Ateniesi dall’uno all’altro Occaso; ma per l’ordinaria instabilità delle cose humane, essendo succeduta alla confusione il rimescolamento de degl’ordini; hoggidì si vede trasportato il costume de’ Babiloni a quelli di Norimberga, quello de gli Umbri à tutti gli altri Oltramontani, e noi d’Italia rimasti col calcolo degl’Ateniesi, si come la Santa Chiesa con quello degl’Ebrei, che tanto i giorni, come le notti divisero sempre in dodici hore. [Pli.li.2.c.60.]Stettero lungo tempo i Romani privi di tanta necessaria comodità, dividendo solo per mezzo il giorno; e la notte per regola degl’esserciti in quattro vigilie; e [Veget.de Re mil.l.3 cap.8. Censori.cap.3. M.??]perciò fu molto stimano l’horologio, che doppo la presa di Catania vi trasportò M. Val. Messala, e l’altro che trent’anni dopo, vi fù condotto da L. Papirio Curs. per adempire il voto fatto da Papirio suo Padre; che se


bene