Pagina:Deledda - Canne al vento, Milano, 1913.djvu/35

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trasse dalla porta. — Va bene. E se si comporta male è sempre a tempo ad andarsene.

Ma donna Ester sorrideva, guardando la sorella che era la più timida e irresoluta delle tre; e curvandosi le battè una mano sulle ginocchia:

— A cacciarlo via, vuoi dire? Bella figura, sorella cara. E ne avrai il coraggio, tu, Ruth?

Efix pensava. D’improvviso alzò la testa e appoggiò una mano sul petto.

— Per questo ci penserei io! — promise con forza.

Allora i suoi occhi incontrarono quelli di Noemi, ed egli, che aveva sempre avuto paura di quegli occhi liquidi e freddi come un’acqua profonda, comprese come la padrona giovane prendeva sul serio la sua promessa.

Ma non si pentì di averla fatta. Ben altre responsabilità s’era assunte nella sua vita.


Egli restò in paese tutta la giornata.

Era inquieto per il podere — sebbene in quel tempo ci fosse poco da rubare — ma gli sembrava che un segreto dissidio turbasse le sue padrone, e non voleva ripartire se prima non le vedeva tutte d’accordo.

Donna Ester, dopo aver rimesso qualche oggetto in ordine, uscì di nuovo per andare nella basilica; Efix promise di raggiungerla, ma mentre donna Noemi risaliva al piano superiore, egli rientrò in cucina e sottovoce