Pagina:Deledda - Cenere, Milano, 1929.djvu/235

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Aprì le labbra. Sentì il cuore battergli forte, ma non potè parlare: l’attimo passò.

Qualche sera dopo zia Tatàna, molto sbalordita, ma altrettanto orgogliosa, e fiduciosa nell’aiuto del Signore, dopo aver lungamente pregato e fatta la salita trascinandosi ginocchioni dalla porta all’altare della chiesa del Rosario, fece la sua ambasciata.

Anania rimase a casa, aspettando con ansia il ritorno della vecchia. Per un bel po’ stette sdraiato sul letticciuolo, leggendo un libro di cui non ricordava assolutamente il titolo.

— Ma io sono tranquillo! — pensava. — Che posso temere? La cosa è più che sicura....

Intanto leggeva, senza capire una sillaba, e il suo pensiero seguiva la vecchia.

— Zia Tatàna cammina lentamente, tutta compresa dalla solennità della sua missione. Ha anche un po’ di paura, la buona vecchia colomba candida e soave; ma, pazienza! Con l’aiuto del Signore e di Santa Caterina e di Maria Santissima del Rosario qualche cosa si farà....

Per l’occasione ella ha indossato le sue vesti più belle; la tunica orlata da tre nastrini, verde — bianco - verde, — il corsetto di broccato verdolino, la cintura d’argento, il grembiule ricamato, la benda tinta con lo zafferano. E non ha dimenticato gli anelli, no; i grandi anelli preistorici, ornati di cammei, di pietre gialle e verdi, di corniole incise. Così, grave e adorna, simile ad una vecchia madonna, ella si avanza lentamente, salutando con solenne compostezza le persone