Pagina:Deledda - Cenere, Milano, 1929.djvu/262

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venne qui, per la festa, con quel miserabile cieco che si fece condurre da lei e poi la abbandonò, nessuno qui la riconobbe, tanto sembrava vecchia, piena di stracci, istupidita dalla miseria e dalla febbre. Del resto, neppure tu l’hai riconosciuta. Il cieco la chiamava con un brutto nomignolo: soltanto a me ella confidò il suo vero essere, mi raccontò la sua triste storia e mi scongiurò di non farti mai saper nulla di lei. Essa ha paura di te.

— Perchè ha paura?

— Ha paura che tu la faccia mettere in prigione perchè ti ha abbandonato. Ha anche paura dei suoi fratelli che sono cantonieri della ferrovia ad Iglesias.

— E suo padre? — domandò Anania, che non aveva mai pensato a questi suoi parenti.

— Oh! è morto da tanti anni, morto maledicendola. E Olì crede sia stata questa maledizione a perseguitarla.

— Sì! È lei che è pazza! Ma che ha ella fatto durante tutti questi anni? Come ha vissuto? Perchè non ha lavorato?

Egli sembrava di nuovo calmo, e faceva le sue domande senza curiosità, pensando alle conseguenze di questo disastroso avvenimento.

Ma quando la vedova sollevò un dito e disse solennemente: — Tutto sta nelle mani di Dio! Figlio, c’è un filo terribile che ci tira e ci tira.... Forse che mio marito non avrebbe voluto lavorare, e morire sul suo letto, benedetto dal Signore? Ep-