Pagina:Deledda - Cenere, Milano, 1929.djvu/269

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sogni che lo avevano per tanto tempo perseguitato.

— Come ero bambino! — pensò amaramente. — E dicevo di esser uomo! Ah, soltanto adesso sono uomo! Ah, soltanto ora la vita mi ha spalancato le sue orribili porte. Sì, sono un uomo, ora, e voglio esser un uomo forte! No, vile vita, tu non mi vincerai; no, mostro, tu non mi abbatterai! Tu mi perseguiti, tu mi hai finora combattuto a viso coperto, vigliacca, miserabile, e solo oggi, in questo giorno lungo come un secolo, solo oggi hai svelato il tuo volto orrendo! Ma non mi vincerai, no, non mi vincerai!

Aprì le imposte tentennanti che davano su un balcone di legno, del quale rimanevano appena i sostegni; si afferrò a questi e si sporse fuori.

La notte era limpidissima, fresca, chiara e diafana come sono in montagna le notti sul finir dell’estate. Nel silenzio indicibile che regnava, la visione delle montagne vicine e le linee vaghe delle montagne lontane sembravano più solenni e grandiose.

Ad Anania, che vedeva quasi ai suoi piedi le valli profonde, pareva di star sospeso sopra un abisso: e mentre le linee delle montagne lontane gli desiavano in cuore una dolcezza strana, e gli davan l’idea di versi immensi scritti dalla mano onnipotente d’un divino poeta sulla pagina celeste dell’orizzonte, il vicino colosso nero-turchiniccio di Monte Spada, protetto dalla for-