Pagina:Deledda - Cenere, Milano, 1929.djvu/62

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Accanto alla porta c'era una latta per l’olio da alimentar la lampada di questa e quella Madonna, e le persone devote non mancavano mai di versarvi un po’ del prodotto delle olive macinate durante la giornata. Sacchi d’olive nere lucenti, sansa fumante, barili ed altri recipienti sporchi ingombravano sempre l’ambiente nero, caldo e sucido del molino; e in questo ambiente, intorno alla ruota trainata dal lungo cavallo baio, davanti alla caldaia bollente, accanto al torchio sempre in moto, sempre stillante olio, fra l’odore non sgradevole ma troppo forte della sansa e dei rifiuti dell’olio, muovevasi di continuo una folla di tipi caratteristici. La sera, poi, si riunivano intorno al fuoco della caldaia le persone più freddolose del vicinato: per lo più la compagnia veniva composta, oltre che dal mugnaio e dai clienti, che aiutavano a spingere la sbarra del torchio, da cinque o sei individui sempre alticci. Uno di questi, Efes Cau, già ricco possidente, ridotto in estrema miseria dal vizio del vino, dormiva quasi ogni notte nel molino, infestando di insetti l’angolo dove si coricava.

Una sera, appunto, sorse questione fra il mugnaio ed un ricco contadino che aveva trovato un brutto insetto in un suo sacco di olive.

— Dovresti vergognarti, per Dio! — gridava il contadino. — Perchè lasci entrare qui tutti i vagabondi di Nuoro?

— Dopo tutto egli era ricco, più ricco di te! — gridò il mugnaio, difendendo il Cau.