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196 lasciare o prendere?


zo davanti alla sua casa, Giuseppe credette di veder un uomo arrampicarsi sui sostegni del ballatoio e allontanarsi come un gatto sui tetti.

Entrò. La cucina grande era deserta, tiepida: dal fuoco coperto usciva ancora una fiammella violacea che dava un chiarore fantastico alle cose intorno. Tutto era in ordine; lo spiedo a posto, vuoto. Giuseppe pensò di nuovo al dispiacere dato a suo padre, e gli pareva d’esser stato ancora una volta stupido e ridicolo passando la notte in casa d’altri. Anche i morti ritornano.... Ebbene, cos’era quest’altra stupidaggine che gli frullava in testa?

— Sono debole.... — disse a voce alta, curvandosi per accender la candela alla fiamma.

Appena spinse l’uscio che comunicava con la cucina piccola, un soffio d’aria fredda lo colpì: la porticina sul cortile era aperta e vi si vedeva un quadrato di luna bianco come un fazzoletto di tela. Il canestro sul tavolo era vuoto; e un oggetto lì accanto diede a Giuseppe un’impressione misteriosa, come il ricordo d’una vita anteriore. Una lieve vertigine gli velò la mente: figure conosciute eppure indistinte tornavano a circondarlo, come nella casa dove aveva passato la notte; ma dopo un attimo tutto dileguò, ed egli ricordò di aver da ragazzo veduto tante volte entro la cassapanca di Munserrata il cofanetto d’asfodelo, diventato nero per il lungo uso, che adesso stava sul tavolo. La vita anteriore che