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la festa del cristo 243


Istevene li seguiva da vicino, tirando il freno, ma il puledro rosso cercava sempre di passare avanti, e il cavallo baio scuoteva un’orecchia e affrettava il passo. D’improvviso s’alzò sulle zampe posteriori e la ragazza cadde all’indietro battendo le spalle al suolo: parve morta e il puledro le sfiorò le vesti con le sue zampe terribili.

Di nuovo furon gridi, e un precipitar dai cavalli, un chinarsi di donne spaventate. Sollevarono a sedere la fanciulla, le spruzzarono acqua sul viso, le tastarono le spalle e le gambe: ed ella si abbandonava di qua e di là, ad occhi chiusi, col viso azzurro sotto la benda gialla.

Istevene era rimasto in sella, ma le sue mani tremavano sull’arcione, e quando la ragazza rinvenne e fu rimessa sul cavallo divenne rosso per la gioia.

Anche prete Filìa aveva fatto voltare il cavallo in qua e guardava attento. Quando la cavalcata riprese il cammino, egli non si mosse, frenando il cavallo con forza. Attese Istevene, lo guardò negli occhi, gli disse:

— Tu, rimani indietro. Va in ora mala!

Istevene rimase indietro.

Ma, cosa strana, la fanciulla pallida che prima non aveva mai sollevato gli occhi su lui, adesso volgeva lievemente il capo sull’omero e lo guardava di nascosto coi suoi lunghi occhi dolci come il miele. Egli sentiva quasi la stessa smania del puledro, l’impeto di precipitarsi in avanti abbattendo ogni osta-