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un grido nella notte 37


zisca non mi disse nulla. L’indomani dietro il muro del nostro cortile fu trovato morto ucciso un giovine, un fanciullo quasi, Anghelu Pinna, voi lo ricordate, il figlio diciottenne di Antoni Pinna: e per questo delitto anch’io ebbi molte noie perchè, come vi dico, il cadavere del disgraziato ragazzo fu trovato accanto alla nostra casa, steso, ricordo bene, in mezzo a una gran macchia di sangue coagulato come su una coperta rossa. Ma nessuno seppe mai nulla di preciso, sebbene molti credano che Anghelu avesse relazioni con una nostra vicina di casa e che sieno stati i parenti di lei ad ucciderlo all’uscir d’un convegno. Basta, questo non c’importa: quello che c’importa è che la perizia provò essere il malcapitato morto per emorragia: aiutato a tempo, fasciata la ferita, si sarebbe salvato.

Ebbene, fratelli miei, questo terribile avvenimento distrusse la mia pace. Mia moglie diventò triste, dimagrì, parve un’altra, come se l’avessero stregata, e giorno e notte ripeteva: «se io uscivo e guardavo e alle voci che domandavano rispondevo, — il grido è stato dietro il nostro cortile, — il ragazzo si salvava.....»

Diventò un’altra, sì! Non più feste, non più allegria; ella sognava il morto, e alla notte udiva grida disperate e correva fuori e cercava tremando. Invano io le dicevo:

— Franzisca, ascoltami: sono stato io quella notte a gridare, per provare se ti spaventavi.