Pagina:Deledda - Colombi e sparvieri, Milano, 1912.djvu/241

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Pretu intanto scaldava il latte, dopo aver spento la candela, e diceva:

— Se Columba non si sposasse, chi sposereste voi, zio Jò; lei o la sorella del Commissario?

Ma Jorgj aveva chiuso gli occhi e pareva dormisse, vinto da uno di quei sonni profondi che lo coglievano dopo una crisi nervosa.

Il vento era completamento cessato; nell’alba argentea come un chiaro di luna, un grillo cantava ancora; e quel zirlio tremulo dava a Pretu l’idea d’un filo che uscisse dalla bocca della bestiola, sottile come quello dei ragni, imperlato dalla rugiada.

All’improvviso Jorgj trasalì svegliandosi di soprassalto; spalancò gli occhi, li richiuse, ricadde nel suo sopore mormorando:

— Il nonno.... il nonno....

Pretu dapprima credette che il padrone sognasse, ma poi sentì davvero un passo di cavallo nel viottolo.

— È zio Remundu che torna... Adesso vado ad ascoltare cosa gli dice Columba....

Non era la prima volta che si prendeva quel gusto: uscì quindi nel cortile senza troppo affrettarsi, dopo aver tolto il latte dal fornellino e coperto il fuoco, e s’avanzò cauto lungo il muro, fino alla porta di Columba.

Il cielo si colorava sopra la straducola, in fondo alla quale si vedeva una lontana cima di monte rossa come un bocciuolo di rosa. L’aurora trionfante di maggio saliva dal mare, e tutto le cose stanche dal vento ch’era appena cessato pareva l’accogliessero stupite più che liete. Nel