Pagina:Deledda - Colombi e sparvieri, Milano, 1912.djvu/48

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Una mattina Margherita trovò la porta chiusa; per quanto picchiasse nessuno aprì, nessuno rispose: mise allora la bottiglia sulla soglia e se ne andò; ma il giorno dopo trovò ancora la porta chiusa, la bottiglia sulla porta.

Il mendicante stava appoggiato fuori al muro del cortile davanti al sole sorgente.

— È morto? — gli gridò Margherita all’orecchio.

L’uomo trasalì: la sua faccia ispida che ricordava quella del cinghiale espresse uno spavento infantile.

— Morto? — ripetè.

— Sì, domando se è morto. Non apre più. Avete visto Pretu?

— Da ieri non aprono più; non ho più veduto nessuno, — disse il mendicante, e si fece il segno della croce con una medaglia nera che teneva sul petto, — Sant’Elia e San Francesco lo aiutino.... Bisogna chiamare il prete.

Margherita correva già, spaventata, e in breve la sua figura bruna sparve in fondo al viottolo giallo di sole. Il tempo era bello, dolce, e il dottore si preparava per andare a caccia (alla sera tornava stanco e se lo chiamavano per qualche malato urlava: andate da Martina Appeddu!), ma appena sentì le notizie portate dalla serva corse da Giorgio.

Bisognò che battesse furiosamente alla porta col calcio del fucile e gridasse mille ingiurie perchè il servetto aprisse. La porta era fermata all’interno da tre grosse pietre.

Giorgio guardava dal suo letto, coi grandi occhi spalancati pieni di angoscia. La porticina in fondo era aperta e vi si scorgeva un lembo di paesaggio grigio e verde dorato dal sole.

— Ebbene, che c’è? Non sei morto? Fa’ sentire, disgraziato.... hai la febbre.... Che hai fatto?