Pagina:Deledda - Colombi e sparvieri, Milano, 1912.djvu/57

Da Wikisource.

— 47 —

segno di vita, luce lontana che illuminava ancora l’abisso nero entro cui egli si sentiva disteso con le membra rotte come uno che è caduto dall’alto.

Nei giorni seguenti qualcuno battè ancora alla porta del cortile.

— È la serva del parroco, — diceva Pretu sottovoce, dopo aver spiato dalla fessura: oppure: — è zia Giuseppa Fiore; è Margherita con un involto sotto la gonna.

— Non aprire.

E le visite se ne andavano e non tornavano. Pretu raccontava:

— Sentite, zio Jò, in casa di Dionisio Farranca ieri dicevano che è stato il dottore a farvi chiudere la porta perchè avete un male che attacca. Dicevano: Dio lo castiga bene quel superbone. E a mia madre dicevano: perchè lasci andare tuo figlio? Ma mia madre rispose: finora Pretu mio è stato bene e le sette lire che Jorgeddu gli dà ogni mese sono per me come sette oncie d’oro...

Anche il dottore, visto che il malato non peggiorava e non migliorava, diradò le sue visite. Un giorno Pretu disse:

— Mia madre è stata ad infornare il pane da zia Giuseppa Fiore: e là dicevano che il Commissario verrà a farvi visita. Ma egli passeggia sempre col prete e forse questo gli dirà di non venire perchè voi lo caccerete via come gli altri....

Infatti il Commissario non si lasciò vedere: a poco a poco il malato si abituò alla sua solitudine e non attese più che qualcuno battesse timidamente alla porta e che il servetto spiando dalla fessura mormorasse:

— È Columba!

Ella non sarebbe venuta più; ma egli non voleva morire come un condannato innocente, por-