Pagina:Deledda - Colombi e sparvieri, Milano, 1912.djvu/61

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Ricordo ancora la scena grandiosa. La cerimonia per le paci si compì in una chiesa campestre dell’altipiano. Ai latitanti era stato concesso un salvacondotto onde prender parte alla cerimonia e stringere la mano ai propri nemici; ma si diceva già che uno dei capi, zio Innassiu Arras, non si sarebbe presentato.

Il vescovo, il prefetto della provincia ed altre autorità accompagnate da un numeroso seguito di borghesi e di paesani, di donne e di fanciulli, cavalcavano attraverso l’altipiano che divide il villaggio di Tibi dal villaggio di Oronou. Pareva una processione e non mancava lo stendardo portato da un vecchio patriarca la cui lunga barba gialla copriva la testina d’un bimbo seduto sul davanti della sella. Il bimbo ero io; i miei occhi non si staccavano dal bastone dorato dello stendardo che stringevo con le mie manine; e la seta azzurra della bandiera mi sembrava un lembo di quel gran cielo chiaro che si stendeva da una montagna all’altra sopra l’altipiano roccioso coperto di boschi e di macchie.

Chiudendo gli occhi rivedo ancora il corteo pittoresco ove predominavano i colori rossi e gialli dei costumi paesani, rivedo il paesaggio grandioso, la linea d’oro del mare lontano.

Il sole ancora basso sul mare mandava una luce rosea e dolce sul quadro indimenticabile; il vescovo, un bellissimo uomo dal viso color di rosa e dagli occhi azzurri, cavalcava una giumenta bianca mansueta e invece di precedere il corteo di tanto in tanto si trovava indietro come se i paesani e i borghesi che cavalcavano tutti cavalli semi-selvaggi ognuno dei quali voleva precedere gli altri, lo avessero dimenticato.

Egli sbuffava allora sollevandosi il tricorno sui capelli bianchissimi e si guardava attorno bor-