Pagina:Deledda - Elias Portolu, Milano, 1920.djvu/12

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mai cristiani? Oh che siamo assassini, che fuggono anche i gatti? Siamo gente onesta, galantuomini siamo!

La vecchia volpe aveva una gran voglia di gridare, di chiacchierare, e diceva cose inconsistenti.

Seduti che tutti furono in cucina, mentre zia Annedda versava da bere, zio Portolu s’impadronì di Jacu Farre, un suo parente, un bell’uomo rosso e grasso che respirava lentamente, e non lo lasciò più in pace.

— Vedi, — gli gridava, tirandogli la falda del cappotto, e accennandogli i suoi figli, — li vedi ora i figli miei? Tre colombi! E forti, eh, e sani, e belli! Li vedi in fila, li vedi? Ora che è tornato Elias, saremo come quattro leoni; non ci toccherà neppure una mosca. Anche io, sai, anche io sono forte; non guardarmi così Jacu Farre, io di te me ne infischio, intendi? Mio figlio Mattia è la mia mano destra; ora Elias sarà la mia sinistra. E Pietro, poi, il piccolo Pietro, Prededdu mio? Non lo vedi? è un fiore! Ha seminato dieci quarti d’orzo e otto di frumento e due quarti di fave: eh, se vuol sposarsi, può tenerla bene la moglie! Non gli mancherà la raccolta. È un fiore, Prededdu mio. Ah, i miei figli!