Pagina:Deledda - I giuochi della vita.djvu/66

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t’inganni, in fede mia. Sono sano come un pesce. Siediti qui, bevi caffè, acquavite, quello che vuoi, ma bevi. Cosa è l’uomo che non beve?

— L’uomo che non beve dovrebbe non essere un pesce — soggiunse versandosi un calice d’acquavite, e ridendo come fra sè. — Invece tu non bevi e sei un pesce perché non parli. Già, anche quando sei venuto la prima volta allo stazzo con tua madre, sei stato zitto. Ma avevi certi occhi! Quegli occhi!... diceva la povera Millèna. Basta, non ricordiamo queste sciocchezze. Quegli occhi! Come hanno guardato il signor Tedde! Tu credi che io sia stupido? Beviamo.

Trangugiò l’acquavite e continuò a parlare. Andrea taceva ostinatamente, ma a poco a poco il suo sdegno svaniva.

— Perchè mi devo sdegnare? — pensava. — Lo sapevo bene che egli è un ubbriacone; e dopo tutto egli ha ragione; io non devo preoccuparmene. Me ne andrò fra pochi giorni, lontano, che non veda, che non senta più nulla. Il peggio è che, se egli continua così, creperà fra poco. Ed è necessario che, prima, pensi ai casi miei.

Anche il Tedde, appena furono soli, gli espresse la stessa idea.