Pagina:Deledda - Il cedro del Libano, Milano, Garzanti, 1939.djvu/281

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Quando si venne a vedere il terreno sul quale doveva sorgere questa nostra casa, su per i ruderi di un viale ancora assiepato di bossi fioriti di calcinacci, fino all’antico cancello che pareva un viso di vecchia dama ancora nobile e austero, con lo stemma e una coroncina di merli e due palle dorate che gli facevano diadema, ma il tutto già devastato dal tempo e dai colpi dei muratori, una bella comitiva di illusioni ci si fece tuttavia incontro, nella limpida mattina di aprile. Il luogo si ostinava a conservare la sua gaudente beatitudine: era stato per molti anni, col suo giardino movimentato, coi viali di pini e querce, con la villa rossa tutta scalini e finestre irregolari, il soggiorno di un cardinale, che vi si era ritirato sdegnosamente dopo il Settanta, ma continuando a combinare feste e ritrovi estrosi di nobili uomini e dame dell’aristocrazia pontificia.

Una quercia cresceva su un piccolo poggio in fondo; e dalla cima di questo romantico belvedere si godeva la distesa dei ciglioni circostanti, azzurri di rugiada; via, fino alla linea dei Monti Albani.

Dunque, ci si illuse che la casetta potesse sor-


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