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210 la potenza malefica


far morire la donna. Ultimamente aveva picchiato alla nostra porta, una notte, quando tutti si era già a letto, per domandare del fuoco: e lei dalla finestra lo aveva irriso, domandandogli se era a cavallo, se andava a far ribotta coi suoi amici signori. Immediatamente s’era sentita male; forse aveva preso freddo alla finestra. Era un inverno rigidissimo; da quattordici giorni nevicava, e se qualche notte smetteva, il gelo era tale che l’indomani gli uomini andavano su e giù a cavallo per le strade per calpestare la neve e farla sciogliere. Nelle campagne il bestiame moriva per il freddo e la mancanza d’alimento; e la gente in paese era tutta malata. Questo non m’impediva di pensare ai malefizi del «maestro di scarpe». Anzi, a volte, in quei giorni freddi, bianchi, d’una melanconia continua, ferma, infinita, col viso sui vetri che l’alito appannava dando alla visione esterna del paesaggio un’apparenza ancora più fantastica, avevo l’impressione che ogni cosa fosse «incantata» d’un malefico incanto, e che lui non fosse estraneo all’opera triste.

Una sera un prete venne a confessare la malata. Dopo, sedette con noi intorno al fuo-