Pagina:Deledda - Il nostro padrone, Milano, Treves, 1920.djvu/86

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V’erano giorni in cui Bruno sentiva un vero odio di razza contro tutta la genterella che invadeva la foresta; e i gridi dei carriolantes1 che incitavano i buoi, le cantilene delle donne, e persino le risate dei ragazzi gli dispiacevano. Egli s’aggirava continuamente intorno ai lavoratori, pesava la scorza, riempiva le bollette: taceva, ma il suo pensiero lavorava come la sua mano. I suoi progetti si facevano sempre più distinti, e propositi dimenticati gli risalivano dal profondo della memoria; l’idea dell’albergo lo tentava, perchè Marielène era una buona cuoca e anche lei non avrebbe certo smesso di lavorare, ma un albergo non può come una speculazione arrischiata formare la fortuna d’una famiglia. La speculazione è la chiave che apre le porte della fortuna, il badile che può strappare alle viscere della terra, a furia di rischi e di sforzi, il tesoro nascosto.

La sera, sotto la tettoja, egli non riusciva a tener completamente segreti i suoi pensieri a Lorenzo, e spesso gli diceva:

— Se io fossi un impresario o uno speculatore mi agiterei, lavorerei e farei lavorare, ma più che il risultato dell’im —

  1. Carrettieri.