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come una campagna in aprile. La mia famiglia era ricca, potente: avevamo dieci «tancas» popolate di armenti, di greggie, di cavalli e di alveari. A vent’anni io sposai una bellissima fanciulla che filava la lana sottile come seta, e riempiva la casa di gioia e l’arca di tesori accumulati con la sua operosità. Ella poi morì di crepacuore. La mia vita si sollevò come mare in tempesta. (Tace, pensieroso, cupo).

Il Cavaliere. Raccontate, zio Mauru, raccontate.

Zio Mauru. A che serve? D’altronde occorrerebbero dei libri per raccontare ogni cosa. Una volta venne un signore, di quelli che scrivono sui giornali, e voleva che gli narrassi in un quarto d’ora tutta la storia della nostra inimicizia. Quanto ho riso! Va, gli dissi, va, uccello senza becco, si vede che tu non conosci il mondo!

Il Cavaliere (compiacente). Sì, voi avete ragione; sì, lo so, è una storia lunga e terribile. Ma, ditemi la verità, quale fu la vera prima causa dell’inimicizia?

Zio Mauru (che si accomoda sul capo la berretta ogni volta che sta per parlare). Lei deve sapere che la mia fa-