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mo del caffè bollente che usciva dalle capannucce di frasche.
— Il cagnolino ci vien dietro, ma non vuole avvicinarsi, — disse Basilio volgendosi ogni tanto. — Bau, bau, bau, drin, drin, drin. Perchè non ti avvicini, marrano? Vieni qui che ti faccio la festa. Datemi il bastone, zio Prè.
Il cagnolino, irritato dalle smorfie e dalle grida di Basilio, abbaiava forte; e il piccolo Efisio uscì correndo da una capanna.
— Leone, qui, Leone!
— Leone, qui, Leone! — imitò Basilio. — È tuo quel cane, ragazzino?
— Sì, è mio, non è tuo! — gridò Efisio inviperito.
— Se alzi la voce, gli do tante bastonate che gli faccio cacciar le viscere per gli occhi.
— E finiscila, finiscila! — ammoniva zio Pietro.
Efisio mostrò la lingua, e Basilio gli fece le corna, e non contento di ciò, appena ebbe condotto il vecchio in chiesa, tornò fuori per continuare a insolentire contro il ragazzetto.
Zio Pietro si trovò solo, inginocchiato per terra, col braccio sinistro appoggiato