Pagina:Deledda - La danza della collana, 1924.djvu/159

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— Tranquilla, — ripetè alzando il tono della voce; poichè l’ultima parte del suo racconto l’aveva fatta in sordina, con una melanconia monotona di luce che si spegne.

L’uomo le strinse le dita che aveva alquanto abbandonato; ella però ritirò la mano e ricominciò a parlare.

E fu come il sollevarsi improvviso del vento in una quiete grigia, e il denudarsi e il tingersi ardente dell’orizzonte che respinge le nuvole da cui non vuole più essere soffocato.

— Sono tranquilla, finalmente; ma ho passato una triste estate, più terribile di quel penoso inverno lassù quando tutti i vincoli dell’umanità parevano sciolti intorno a me. Le dirò tutto; non c’è ragione di fingere, come dice lei. Io non sono stata mai felice perchè non ho avuto fede: con la mia nipote stessa non ci siamo mai intese. Quell’ironia della sorte verso mia madre, e anche verso mio padre, e il gioco crudele della fortuna che si dà solo per derisione a chi la insegue, hanno succhiato il mio sangue migliore; e m’è rimasta come