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la via del male 233


Questi giocattoli mangiabili venivano poi da zia Luisa regalati ai bambini degli amici e dei parenti. Francesco provava un certo gusto nell’eseguirli.

Maria preparava il pranzo, ed il pastore veniva ammesso alla mensa patriarcale dei padroni; il più delle volle pranzavano all’aperto, sotto una quercia, e dopo il pasto i due sposi vagavano per la tanca, visitavano gli ovili vicini, talvolta si spingevano fino alla chiesetta dello Spirito Santo, solitaria e nera come una roccia tra il verde dei campi silenziosi.

Se non si allontanavano dal loro ovile, Maria e Francesco meriggiavano nel bosco, e talvolta finivano coll’addormentarsi sotto le quercie scosse dalla brezza e indorate dal sole, sopra un letto di fieno o di margherite, davanti a quegli sfondi così azzurri e luminosi che davano l’illusione di un mare lontano.

Quando si svegliava Maria preparava il caffè, poi sedeva davanti alla capanna, all’ombra della roccia, e trapuntava una camicia, mentre Francesco leggeva un numero arretrato della Nuova Sardegna, o il poema sardo «Su Triunfu d’Eleonora d’Arborea» del poeta Dore di Posada.

La solitudine era dolce e profonda; i cani sonnecchiavano; sul prato, in fondo alla radura, i vitellini si rincorrevano e giocavano; s’udiva qualche fischio, qualche voce lontana; l’ombra delle quercie si allungava sull’erba e il sole declinava con dolcezza infinita.