Pagina:Deledda - La vigna sul mare, 1930.djvu/78

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quale i ferri del cavallo, quando una sua zampa minacciava di scivolare, traevano scintille come dalla pietra focaia: e l’ombra stessa del cavallo, con quella del cavaliere, poiché il sole batteva loro alle spalle, pareva, procedendo su per la china, ingegnarsi a trovare la strada.

Ed ecco, d’improvviso, alla nuova svolta, apparve il luogo cercato. Una specie di piattaforma naturale si affacciava su una cascata di rocce che strapiombavano le une sulle altre fino al mare: e l’uomo, anzi, ebbe l’impressione che nel caos dei millennî, il mare arrivasse fin lassù, pietrificandosi poi per un misterioso fenomeno della natura. Le pietre, infatti, sembravano onde, con meandri rugosi e con un riflesso come d’acqua marina: a fissarle a lungo, illuminate dal sole del mezzogiorno, davano un senso ambiguo di vertigine. E così, fra cielo e abisso, sul dorso del monte apparvero le bocche degli scavi e la casa bianca che pareva un rifugio alpino: rifugio e chiesetta; poiché sull’alto della facciata, in cima al cappuccio scuro del tetto, una piccola croce apriva le sue braccia d’idolo senza testa. L’uomo però non si commosse: anzi il diavolo, così egli chiamava il senso di derisione e di malignità che spesso gli rivoltava i buoni sentimenti del cuore generoso, gli fece pensare che ben primitivo e superstizioso doveva essere stato il padrone della miniera, e che