Pagina:Deledda - Le colpe altrui.djvu/106

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Ma Vittoria aveva di nuovo appoggiato il viso sul cuore di lui, e soffriva perchè le sembrava di sentire qualche cosa di duro contro la sua fronte.

— Non è questo, Mikali, non è questo.

— E allora di che temi?

— Mikali! Andrea soffrirà.

— Ebbene, è necessario, anima mia!

— Ma perchè dev’essere così, nel mondo? Perchè soffrire per amare?

— Io non lo so, Vittoria. Ma perchè piangi, adesso? Che colpa ne abbiamo noi? No, su, sta su, anima mia: io non posso sentirti a piangere. Taci, taci. Di che temi?

E poichè ella non si calmava egli finse di arrabbiarsi.

— Senti, se tu non stai allegra io non torno più qui! No, no, vedi, te lo giuro sulla mia coscienza; me ne vado in America, e tu spòsati con lui, che è ricco. Dopo tutto, che credi? anche a me dispiace; non sono poi un cane, io, che credi? perchè non piagnucolo? Un uomo come me ride di tutto: ne ho viste, io, ancora prima di nascere! Ebbene, il cuore forte ride di tutto. È colpa nostra se ci vogliamo bene e non possiamo vivere separati?

— È vero... — ella ammise, singhiozzando ancora, ma già confortata. — Del resto egli adesso sa tutto, e noi non lo inganniamo più, questo importa.

Sospirò, ma di sollievo, e tese le mani ardenti al viso di Mikali.

Come era forte e fresco il viso del suo Mikali!