Pagina:Deledda - Le colpe altrui.djvu/129

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a dimostrarlo), tutto là intorno, secondo giustizia, doveva essere suo. Il padre, adesso, vinto dalla sventura, avrebbe finito col riconoscerlo, con l’accettarlo per figlio. Gettò quindi una fugace occhiata sotto le tettoie, pensando che c’era ben posto per legare i puledri; tosto però arrossì di questo pensiero e s’affacciò alla porta della cucina. S’udivano gemiti e parole sommesse; alcuni parenti erano corsi dagli stazzi lontani e circondavano la vecchia serva più curiosi che addolorati. Ignazia, gialla in viso come morta, piangeva appoggiata alla panca dalla quale era caduto il libro, aperto sul pavimento fra le immagini sparse: vedendo Mikali balzò spaurita e aprì la bocca senza poter parlare, mentre egli avanzando dignitoso verso zia Sirena domandava con voce grave:

— Com’è accaduta la disgrazia?

La vecchia lo guardò dapprima stupita, poi minacciosa, e non rispose; un parente anziano si alzò e cominciò a raccontare.

Mikali ascoltava, in piedi poichè nessuno lo invitava a sedere, accomodandosi ogni tanto la berretta; e volgeva il viso a destra verso Ignazia che singhiozzava raccogliendo le immagini e rimettendole dentro il libro, ma quel viso giallo con gli occhi che parevano due macchie livide gli destava spavento.

— A che ora è stato? — domandò a bassa voce, preso di nuovo da un turbamento profondo.

— Quando il pastore arrivò qui, saranno state le cinque, ma la disgrazia era accaduta stamattina.